“Sono grato a questo racconto che prende per mano un fatto di cronaca, un episodio che mi ha toccato nel profondo, e lo trascina fuori dal tempo e dallo spazio, su un’isola che sembra la mia e in fondo non lo è, che incrocia la vita di un uomo e la sua bici. Un uomo che sembro io. Ma che sono solo in parte. Sono grato a una storia che potrà essere letta nelle scuole, raccontata ai ragazzi, condivisa oltre i confini di Lampedusa”. Con queste parole commosse, scritte nella prefazione, Pietro Bartolo accompagna e si rivede nel libro di Lluís Prats, “La bambina dell’isola” (Rizzoli), in libreria dal 20 ottobre, in cui si affronta il fenomeno dell’immigrazione per spiegarlo ai più piccoli. Un tema di prepotente attualità, e non solo oggi 20 novembre, data in cui si celebra la Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: a cadenza quotidiana ormai la cronaca è occupata da vicende terribili, di diritti negati e violenze su bambini e adolescenti, molte di queste legate ai flussi migratori, eppure spesso sembriamo quasi assuefatti a tali notizie.


    Se l’obiettivo del libro è smuovere le coscienze e arrivare dritto al cuore di chi legge, l’autore ha fatto centro: leggendo Prats infatti sembra davvero di essere lì, accanto alla piccola Kambirì, la protagonista della storia, una bimba di pochi mesi partita dal Mali con la sua mamma Alika per raggiungere il nostro Paese. Un viaggio verso “il paradiso” italiano, dove le aspetta il papà, già partito per cercare fortuna prima che Kambirì nascesse. Mamma e figlia attraversano il deserto prima e poi il mare, ed è proprio lì, nel Mediterraneo, che il viaggio si rivela crudele: la barca dopo un incendio va alla deriva, e Alika, ormai ferita a morte affida la sua bambina a una donna conosciuta da poco, anche lei compagna di quella traversata sventurata. Alika supplica con un ultimo filo di voce di portare Kambirì a Mirano, vicino Venezia, e ripete il nome del padre della bambina: la donna però capisce Milano, e questo sarà l’inizio di una serie di complicazioni che si aggiungono alla tragedia. Arrivata a Lampedusa dopo i soccorsi in mare, Kambirì incontra il cuore grande del dottor Niccolò che la cresce insieme alla sua amica Chiara per oltre 10 anni. Accanto a loro, la “famiglia” del Caffè dell’Amicizia, il bar dell’isola in cui la bambina scopre cosa vuol dire vivere sentendosi amata, accolta e rispettata. Fino a quando, in un ultimo dono d’amore, il dottor Niccolò riuscirà a trovare il vero padre, non a Milano ma a Mirano.


    Il linguaggio scelto da Prats, già autore di “Hachiko. Il cane che aspettava” (Albe Edizioni), è semplice, senza fronzoli, perfetto per il pubblico di bambini (dai 10 anni in su) a cui si rivolge. Tuttavia anche gli adulti troveranno più di uno spunto di riflessione in pagine che commuovono fin nel profondo, che fanno rabbia nella loro semplicità e franchezza, che ci mettono di fronte alle nostre colpe. Salvare vite in mare è un obbligo morale, ma anche una scelta in un certo senso “naturale”: non si tratta di buonismo a tutti i costi, ma di umanità, ed è questo l’insegnamento del libro. In fondo non è stata Kambirì ad aggrapparsi a chi l’ha salvata, ma sono stati i suoi salvatori ad aggrapparsi a lei, “come dei naufraghi”, ricevendo da quella bambina dalla pelle color ebano molto più di quello che hanno donato. (ANSA).