La Porta d’Europa a Lampedusa, opera dell’artista Mimmo Paladino

Ieri notte sono andato al molo. Non potevo farne a meno.

Ho chiuso gli occhi e sono tornato al 2013: ho rivisto i sacchi, ho risentito i pianti, le voci strozzate, il silenzio dell’impotenza calato sull’Isola. E lo sconforto, la voglia di resa, di fronte a tutto questo è sempre dietro l’angolo.

L’unico modo per reagire è concentrarsi sui sopravvissuti, pensare ai nomi di chi ce l’ha fatta. Pensare alla piccola Nour o a donne come Kebrat che sembrava morta ed è tornata alla vita perché ero lì sul molo ad aprire il sacco in cui era già stata chiusa. E ancora prima, perché un pescatore di Lampedusa l’aveva presa dal mare e portata fino a terra. In questi 9 anni, nel silenzio, sono scomparse oltre 22 mila persone: donne, uomini, bambini.

È un numero enorme, pensateci. Una guerra, non dichiarata, del genere che si autodefinisce “umano” contro se stesso.

E lo sconforto, la resa, di fronte a tutto questo è sempre dietro l’angolo.

L’unico modo per reagire è concentrarsi sui sopravvissuti, pensare ai nomi di chi ce l’ha fatta.

Pensare alla piccola Nour o a donne come Kebrat che sembrava morta ed è tornata alla vita perché ero lì sul molo ad aprire il sacco in cui era già stata chiusa. E ancora prima, perché un pescatore di Lampedusa l’aveva presa dal mare e portata fino a terra.

Pensare anche ai tanti che sono arrivati a Lampedusa in questi giorni e che oggi si metteranno in marcia fino alla Porta d’Europa per fare memoria e chiedere un cambiamento nelle politiche sulla migrazione.

La tragedia muove la compassione, fa vedere nell’altro l’uomo prima del colore della sua pelle a Lampedusa e in altrii luoghi di frontiera è accaduto e accade questo ogni giorno.

Oggi sono intervenuto a Strasburgo dove è in corso la seduta plenaria. Anche in aula ho ricordato questo doloroso anniversario richiamando al valore dell’accoglienza e rendendo omaggio non solo alle 368 persone che hanno perso la vita di fronte alla mia isola quella notte, inghiottite dal mare nel loro disperato tentativo di cercare una nuova vita in Europa. Ma anche alle altre 22 mila che da allora hanno avuto la stessa terribile fine.

Questo è un anniversario che ci riguarda tutti. Un massacro che possiamo fermare solo in un modo: con un cambiamento radicale delle politica di immigrazione e accoglienza.

Facciamolo insieme in nome dell’uomo, ho detto in aula. Lanciando anche la proposta che il 3 ottobre diventi la giornata europea delle vittime del mare.