Desidero e voglio ostinatamente credere che il 2023 possa essere l’anno della svolta al Parlamento Europeo in merito al tema della migrazione. Che la Commissione Libe e poi il Parlamento europeo riescano ad approvare modifiche migliorative al testo di Patto per la migrazione della Commissione Europea. E che venga introdotto il principio del ricollocamento automatico dei migranti valido per tutti i paesi Membri. Sarebbe il modo migliore di fare tesoro dell’esperienza maturata nella gestione dei profughi ucraini che ha visto l’Unione unita e solidale nell’affrontare l’emergenza.

Le premesse oggi non sembrano buone. L’inasprimento da parte del nuovo Governo Meloni rispetto alle politiche di accoglienza va in tutt’altra direzione. Prima gli “sbarchi selettivi“. Ora il nuovo decreto sulle Ong. Pagine dolorose e affatto dignitose che si aggiungono alle tragedie a cui abbiamo dovuto assistere negli ultimi mesi e che hanno coinvolto tanti bambini. Ne sono morti undici da fine ottobre alla fine dell’anno. Uno stillicidio lento e costante su cui nei palazzi della politica è piombato il silenzio. Del resto, cosa sono due, tre, quattro, undici bambini morti quando non c’è traversata di migranti nel Mediterraneo che non conti morti e dispersi? Cosa sono al cospetto di 24 mila persone scomparse nel Mediterraeo negli ultimi 9 anni? Il conto lo ha tenuto l’Unhcr dal 2013, data del naufragio del 3 ottobre. L’ultimo anniversario di quella tragedia lo abbiamo ricordato anche nell’aula del Parlamento europeo. Ma la memoria senza l’impegno rischia di essere solo un esercizio inutile e retorico.

In questi mesi si è detto tante volte che ci troviamo davanti a un passaggio epocale della storia. Per i cambiamenti climatici, per la crisi energetica, per gli equilibri geopolitici che si vanno definendo dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, per l’inflazione mai così alta come adesso. L’osservatorio privilegiato da cui guardo a questo rivolgimento della storia, la mia Lampedusa, mi fa dire che lo è anche per il fenomeno migratorio e per ridefinire le politiche di accoglienza e asilo. Perché con i rifugiati ucraini abbiamo sperimentato un modello realmente solidale. Attraverso piattaforme digitali e politiche condivise e grazie a Istituzioni, Ong e associazioni, oltre 5 milioni di persone in fuga hanno ricevuto risposte.

I funzionari delle Nazioni Unite notano che il numero complessivo di migranti che cercano di arrivare i Europa attraversando il Mediterraneo è diminuito nel corso degli anni, fino a raggiungere una media di circa 120 mila persone all’anno. Un numero considerato come relativamente “gestibile”. Con i profughi ucraini l’Europa unita ha vinto una sfida inattesa dimostrandosi all’altezza dei suoi valori fondanti. Con i suoi Stati membri l’Ue è riuscita a provvedere all’accoglienza, all’alloggio, alla scuola per i bambini e a mettere in moto un sistema virtuoso per la ricollocazione nel mondo del lavoro degli adulti, per lo più donne, che hanno trovato riparo nelle sue comunità. Siamo stati bravi ma proprio per questo far finta di non vedere chi bussa alle nostre porte fuggendo da altre guerre, da crisi alimentari, da calamità naturali, oggi ci rende complici.

Siamo in un passaggio epocale perché possiamo evitare che tutto ciò accada e cambiare le politiche di accoglienza e asilo approvando finalmente un Patto per la migrazione che guardi al presente per costruire un futuro diverso e migliore per tutti. Perché l’Europa è sempre più vecchia, presto sarà una grande RSA, ed anche le imprese chiedono di modificare i meccanismi degli ingressi programmati per poter continuare a lavorare. Per l’Italia, ad esempio il dossier della Fondazione Moressa con numeri alla mano dimostra quanto un cambiamento delle politiche sulla migrazione è non solo giusto ma “conveniente”. Più in generale l’Europa ha bisogno di forze giovani che desiderino spendersi per i Paesi che li accolgono e ne promuovono le qualità.

Da mesi stiamo negoziando in Parlamento le proposte legislative legate al Patto sulla migrazione. Siamo partiti da posizioni diametralmente opposte con migliaia di emendamenti presentati. Ma non possiamo ancora ondeggiare. La storia ci chiede di essere coraggiosi, di approvare un testo ambizioso, all’altezza del passaggio epocale che ci troviamo ad affrontare e, soprattutto, all’altezza dei valori fondanti della nostra Europa. Un testo che sia in grado di fermare i trafficanti di morte e questa strage continua di innocenti.

Chiudiamo gli occhi e immaginiamoci dentro quei barconi. Immaginiamo per una volta di esserci noi stretti come sardine e col cuore atterrito come lo sono stati anche tanti dei nostri nonni. Immaginiamo che quei bambini morti bruciati, caduti in mare, abusati, siano i nostri figli, i nostri nipoti. Poi riapriamo gli occhi e riprendiamo a lavorare. Su tutto si può mediare. Non sui valori, non sulla vita.

Pietro Bartolo